Wikileaks: ecco i documenti segreti delle torture di Guantanamo

GUANTANAMO.  A Guantanamo  si combatte. E’una guerra psicologica e fisica. Un braccio di ferro tra i prigionieri e l’amministrazione Usa che, dall’11 settembre 2001, ha dato inizio alla War of terror (la guerra del terrore) contro AlQaeda. Ma Guantanamo non è un carcere come gli altri: non a caso è stato ribattezzato The battle lab (il laboratorio della guerra) «dove migliaia di detenuti  sono sottoposti ad esperimenti umani e psicologici», spiegano il generale Mike Dunlean ed il Maggiore Geoffrey Miller che hanno coniato l’espressione. A svelare i retroscena nascosti  di Guantanamo  ci pensa ancora una volta Wikileaks che pubblica documenti di Stato, files e testimonianze di quanti hanno preso parte, assistito o subìto torture e sevizie.

«Prostrati, tenuti svegli per giorni, trattati come animali, appesi  ed ingiuriati», si legge in un comunicato del Senate Armed Committe che descrive lo stato cui sono sottoposti i detenuti  sotto custodia del dipartimento di Difesa Usa.

C’è chi si chiede dove siano finiti i propositi di Obama che, neoeletto, annunciò tra i primi punti della sua agenda l’immediata chiusura del carcere per poi vincere il nobel per la pace. La risposta viene da Wikileaks.

DROGANO I PRIGIONIERI. Meflochina, è il farmaco che le autorità federali di Guantanamo iniettano abitualmente ai prigionieri. Una medicina che cura la malaria ma che ha effetti devastanti sulla psiche: istinti al suicidio, allucinazioni,ansia,depressione,attacchi di panico.

«Ai detenuti viene somministrata la meflochina indiscriminatamente, sia che il soggetto abbia  la malaria sia che sia sano», è quanto emerge dalle carte rilasciate da Wikileaks che riportano un’indagine condotta dal giornalista Jason Leopold. «Il Pentagono è sempre stato a conoscenza degli effetti del farmaco», dice il giornalista.

 Joe Hickman, dell’esercito USA e presente nella prigione di Guantanamo nel 2006, riferisce  dei tre suicidi avvenuti in quell’anno e che, dopo un’accurata indagine, scoprì che ai detenuti era stato somministrato un quantitativo superiore alla norma del farmaco. Suicidio casuale o effetto della medicina?

«Tutti i detenuti che arrivarono a Guantanamo nel Gennaio 2002 ricevettero un dosaggio della meflochina pari a 1,250mg, 5 volte superiore al dosaggio previsto nei casi di trattamento», è quanto si legge in un documento segreto del dipartimento di difesa Standard Inprocessing Orders For Detainees. Il dottor  Remington Nevin, medico del dipartimento di stato, fa luce sulla tecnica malsana usata dall’amministrazione USA contro i prigionieri, illustrando le conseguenze devastanti.

«La meflochina», spiega, «viene somministrata senza tener conto del quadro  medico pregresso del paziente e cioè se sia affetto già da depressione, malattie varie,o problemi psichici,con il rischio che il farmaco vada a peggiorare le condizioni del soggetto, sicuramente i prigionieri sotto effetto della medicina hanno una visione distorta della realtà e possono prestarsi più facilmente a confessioni»

Ma in che modo gli Stati Uniti hanno giustificato l’uso della meflochina?

 Tanya Bradsher, portavoce del dipartimento di difesa sostiene che il farmaco veniva impiegato per profilassi e cioè per prevenire l’insorgere della malaria in soggetti che provenivano da aree (il Medioriente) dove la malattia era diffusa. Una questione di sicurezza pubblica quindi. Ma l’Interagency Working Group for Antimalarial Chemotherapy,asserisce che nessuno dei detenuti di Guantanamo era esposto al rischio e che «l’uso del farmaco a scopo preventivo non è consigliabile».

«Ma non è solo l’impiego della meflochina ad essere sospetto», si legge nell’ indagine su Guantanamo «a questo uso indiscriminato si somma un altro aspetto poco chiaro: come mai ai detenuti haitiani di Guantanamo 10 anni prima era stata somministrato il farmaco con le dovute precauzioni  mentre ai prigionieri di Guantanamo così indiscriminatamente?».

Tra il 1991 ed il 1992 più di 14000 rifugiati di Haiti furono trattenuti a Guantanamo; di questi a circa 235 fu diagnosticata la malaria. Ma anziché somministrare a tutti la meflochina, le autorità federali trattarono solo i soggetti affetti, risparmiando gli altri.

«Le condizioni dei detenuti di Haiti era molto grave e ad alto rischio in quanto anche le persone che non erano malate potevano aver contratto il virus per trasmissione», affermano i medici che curarono i pazienti. Perché allora casi più gravi furono trattati con le dovute precauzioni mentre casi sospetti,10 anni dopo, furono sottoposti ad una profilassi indiscriminata?

La  meflochina poteva essere uno strumento per migliorare gli interrogatori? La Convenzione di Ginevra parla chiaro «è vietato condurre qualsiasi tipo di esperimenti sui prigionieri», ma le carte pubblicate da Wikileaks mostrano una realtà del tutto differente e svelano l’esistenza di  un programma di tortura del governo Usa contro i prigionieri di Guantanamo

TRATTATI COME ANIMALI.  Violenza psicologica e tortura fino alla morte. Questo emerge dagli appunti dello psicologo Bruce Jessen (a servizio della CIA a Guantanamo) e resi noti da Wikileaks.

Parole che rivelano un vero e proprio programma top secret messo in atto dal Dipartimento della Difesa e dai servizi segreti a Guantanamo.

Si tratta di tecniche di torture di cui il presidente Bush ha sempre negato l’esistenza. Ma la testimonianza di Jessen attesta l’esatto contrario. Lo psicologo, una delle menti del programma di tortura, spiega come le sevizie  psicologiche e fisiche fossero finalizzate ad estorcere confessioni.

«Molti i detenuti che sotto tortura dichiaravano il falso stremati dai loro carcerieri», ricorda Jessen «come il prigioniero Ibn al-Shaykh al-Libi, che dichiarò il falso pur di sottrarsi a sevizie disumane».

Ma in che cosa consistevano le torture? E’ un documento ufficiale fornito della commissione d’inchiesta del senato a riportare per filo e per segno le tecniche usate.

«Il programma di tortura prevede che i prigionieri vengano  buttati a terra, calpestati, accecati con la luce artificiale e  trattati come bestie», spiega il rapporto  che continua con un estratto in cui si leggono le linee guida che i torturatori dovevano seguire: «la tortura federale stabilisce che la pena inflitta debba essere pari a quella che si prova quando un individuo è seriamente ferito, ha un’emorragia interna o sta per morire. Bisogna torturarli fino alla morte, la tortura psicologica deve durare anni ed essere lenta».

 Sono le parole delle vittime di Guantanamo a rafforzare quanto scritto. Binyam Mohamed,un cittadino britannico dell’Etiopia e sospetto terrorista racconta che un ufficiale gli intimò di confessare le sue colpe minacciando di mutilargli i genitali se non lo avesse fatto.

Mohamedou Ould Salahi, della  Mauritania, torturato a Guantanamo riferisce al giornalista Andy Worthington  le sevizie subite. «Mi tenevano in isolamento prolungato,  mi prendevano a calci, pugni. Mi tenevano sveglio intere giornate minacciando di stuprare mia madre in gruppo se non avessi collaborato».

Marirosa Barbieri da primadanoi.it

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